5. Oltre i Luoghi Comuni: Un'Analisi Critica di Mattone, Titoli di Stato e Fondi Comuni
di Andrea Stevani
7/7/20248 min read
Nella Parte 4 ti avevo menzionato i rischi significativi associati all'acquisto di immobili.
È il momento di approfondire questo argomento.
Prima di esaminare come investire seriamente i nostri soldi, è importante considerare ciò che non dovremmo fare, ma che molte persone fanno invece.
Nel post di oggi, voglio discutere delle tre principali convinzioni del risparmio italiano.
Desidero chiarire fin da subito che queste convinzioni non sono errori assoluti in sé.
È il modo in cui vengono applicate, senza una chiara consapevolezza, che può trasformarle in gravi problemi finanziari.
Convinzione n°1: Il mattone è l’investimento più sicuro.
Da sempre si crede che comprare casa sia l'investimento più sicuro, perché il valore degli immobili tende a salire nel tempo. Ma siamo certi di questa convinzione?
L’ossessione per l’acquisto di immobili è spesso irrazionale e non si basa su dati concreti.
Acquistare una casa per viverci è diverso dall’acquistare un immobile per metterlo a reddito (affitto). Mentre il secondo è un vero e proprio investimento, la casa in cui abitiamo è un bene di consumo particolare. A differenza di beni di consumo costosi come le auto, la casa può svalutarsi, ma in molti casi può rivalutarsi nel tempo. Ci tengo a precisare il “può”.
È difficile prevedere se nei prossimi dieci anni il valore dell’immobile acquistato aumenterà o diminuirà. Ad ogni modo si potrebbe aprire il fatidico dibattito “E’ meglio comprare casa o stare in affitto?”
Questa domanda verrà sempre posta, e non avrà mai una risposta definitiva.
Non è necessariamente vero che comprare sia sempre meglio che affittare; secondo la tradizione, i soldi spesi in affitto sono considerati persi, mentre i pagamenti del mutuo sono considerati un investimento.
Entrambi gli approcci hanno vantaggi e svantaggi, e molto dipende dalla situazione personale e dagli obiettivi individuali.
Da un lato, acquistare una casa offre la possibilità di rivenderla con un guadagno o di recuperare i costi. Dall’altro, comporta problemi come la necessità di un capitale iniziale consistente (20-40% del valore dell’immobile), i costi degli interessi sul mutuo, le spese di ristrutturazione e manutenzione, le commissioni per gli intermediari (agenti, notaio, periti), il lungo periodo di rimborso del mutuo (20-30 anni) e la scarsa liquidità dell’asset, che immobilizza un capitale considerevole.
D’altro canto, l’affitto è un costo puro, senza rendimento, ma offre la libertà di cambiare casa senza vincolare grandi capitali o generare debito, permettendo di destinare risorse ad altri investimenti.
La situazione è complessa e richiede una valutazione basata sulla situazione finanziaria personale, gli obiettivi a breve e lungo termine e le preferenze individuali, che possono includere fattori non economici.
Investire in immobili, che spesso significa acquistare un appartamento da affittare, non è privo di rischi.
Perché?
Gli investimenti immobiliari sono illiquidi e concentrano un capitale rilevante in un singolo asset.
Inoltre, comportano costi difficili da prevedere: commissioni per agenti immobiliari se non gestiamo direttamente la ricerca, costi di manutenzione straordinaria, e ristrutturazione.
C’è anche il rischio di inquilini morosi, che non pagano l'affitto regolarmente. I dati, di un'indagine condotta a fine 2022 da SoloAffitti, indicano che il 62% degli inquilini paga in ritardo, 1 su 2 lascia l'immobile senza pagare l'affitto, e i proprietari perdono in media 9,8 mensilità per morosità. I costi legali medi per solleciti e sfratti ammontano a 1800 € in dieci anni.
Inoltre, esiste il rischio di svalutazione dell’immobile in un contesto demografico italiano caratterizzato da una diminuzione delle nascite, che potrebbe ridurre la domanda di case e quindi il loro valore.
Gestire un immobile richiede tempo e impegno, e non è un investimento che può essere lasciato al caso.
Siamo ancora certi che investire nel mattone sia la scelta migliore?
Quando ha senso comprare immobili?
Quando si dispone di patrimoni finanziari molto consistenti.
Non dico che sia sempre sbagliato; ha senso se l'investimento immobiliare serve a diversificare il portafoglio.
Ad esempio, se hai 800.000 € da investire e decidi di destinare 100.000 € all'acquisto di un appartamento in una zona strategica per generare reddito, può essere una buona idea. Ma se hai solo 100.000 € e decidi di usarli, con l’aggiunta di un mutuo, per lo stesso investimento, potresti concentrare troppo capitale e rischiare di compromettere la tua situazione finanziaria se qualcosa va storto.
Quando parleremo di ETF, vedremo che esistono strumenti più efficienti, liquidi e diversificati per ottenere rendite immobiliari senza dover acquistare immobili fisici, come i Real Estate Investment Trust (REIT), di cui parleremo più avanti.
Convinzione n°2: Investire in Titoli di Stato.
Un'altra precisazione: non è detto che comprare titoli di stato italiani sia sempre errato.
L’importante è sapere cosa si sta facendo.
Abbiamo trattato le obbligazioni nella Parte 4 e i titoli di stato sono semplicemente obbligazioni emesse dal governo.
Se hai 10.000 € da investire e decidi di metterli tutti in Btp, quali sono i rischi?
Rischio emittente: il rischio che lo Stato italiano non riesca a rimborsare l’obbligazione alla scadenza. Anche se improbabile, l’Italia è stata vicina al default nel 2011. Con la BCE che ora pratica il Quantitative Tightening e riduce l'acquisto di Btp, questo rischio è ancora presente.
Rischio duration: Se acquisti Btp a lungo termine, potresti essere esposto al rischio di aumento dei tassi di interesse, che comporterebbe una diminuzione del valore delle obbligazioni.
Rischio concentrazione: Mettere tutti i risparmi in un solo asset espone al rischio di perdite dovute ai motivi sopra citati.
La diversificazione è fondamentale nella pianificazione degli investimenti.
Quando ha senso investire in titoli di stato?
Va bene se rappresentano una parte adeguata del portafoglio, seguendo la logica della diversificazione.
Breve recap: abbiamo parlato delle prime due grandi convinzioni del risparmio italiano, e, in entrambi i casi, abbiamo detto come non siano degli errori di investimento in senso assoluto, ma è molto importante inserirli in una specifica pianificazione e nel contesto di una determinata situazione finanziaria.
Convinzione n°3: Investire in Fondi Comuni di Investimento.
Investire in questi fondi, significa investire in un paniere di titoli, soprattutto azioni o obbligazioni, selezionati da un gestore che ha l’obiettivo di ottenere un certo rendimento; potenzialmente migliore di quello del suo benchmark di riferimento; ovvero, migliore rispetto a quello di un particolare indice di mercato che contiene azioni e obbligazioni della stessa categoria.
Esempio: un tipico fondo comune azionario può essere composto dalle cosiddette International Large Cap (aziende internazionali a più alta capitalizzazione). Esistono diversi indici che tracciano la performance di queste grandi aziende, come ad esempio l’MSCI World Index, che raggruppa circa le 1.500 aziende quotate più grandi al mondo.
Un fondo comune che seleziona alcune specifiche azioni di questo gruppo mira ad ottenere un rendimento superiore all’MSCI World Index, ossia ottenere una performance superiore alla media di quella di tutte le aziende che compongono l’indice.
In pratica, il tuo private banker di fiducia ti propone di acquistare quote di fondi comuni con l’idea che, grazie ai suoi analisti e gestori, il fondo avrà performance superiori alla media di mercato, il tutto per una commissione del 2% all’anno, più eventuali costi di gestione.
Ma perché questa proposta non è vantaggiosa?
Ora ti spiego perché tutto ciò non ha senso.
Quello che riporto non è un’opinione puramente soggettiva, ma il punto di vista dei più autorevoli esperti di finanza al mondo. Ne riporto alcuni.
John Bogle, fondatore di Vanguard Group, ha detto: "L'industria dei fondi comuni di investimento è in gran parte basata su illusioni. L’idea che sia possibile battere il mercato con la gestione attiva è fallimentare."
David Swensen, Chief Investment Officer della Yale University, ha affermato: "I fondi comuni di investimento sono caratterizzati da pratiche di raccolta di asset, focus a breve termine e alte commissioni."
I problemi con i Fondi Comuni di Investimento sono due:
1- Performance della gestione attiva: “attiva” significa che c’è un gestore che sceglie quali titoli mettere nel paniere sulla base di ricerche, analisi e intuizioni per creare il miglior mix di azioni e obbligazioni.
Ricorda: quando parleremo di ETF, parleremo di gestione “passiva”.
La gran parte dei fondi attivi fa peggio o molto peggio del suo benchmark, come riporta Tony Robbins, celebre autore e life coach, "il 96% dei fondi comuni non riesce a eguagliare il mercato”.
Fare peggio del benchmark vuol dire avere un rendimento inferiore a quello della media delle aziende appartenenti ad una certa categoria che il fondo attivo intende superare.
Esempio: se prendiamo come benchmark l’S&P 500, ovvero l’indice delle 500 aziende quotate più capitalizzate statunitensi, abbiamo i seguenti risultati.
I dati sono presi dal report "SPIVA U.S. Scorecard" (S&P Indices Versus Active), pubblicato da S&P Dow Jones Indices. Questo report esamina la performance dei fondi attivi confrontati con gli indici di riferimento, inclusi l'S&P 500.
Il report del 2023 ha mostrato che, nel decennio terminato nel 2022, circa il 90% dei fondi azionari USA attivi non sono riusciti a battere l'S&P 500.
Questo suggerisce che la maggior parte dei fondi attivi ha avuto difficoltà a superare i rendimenti dell'indice di riferimento. Ciò significa che, nell’arco di dieci anni, 9 fondi su 10 non sono riusciti a fare tanto quanto la media del loro benchmark di riferimento.
E se prendessimo come benchmark di riferimento un indice diverso dall’S&P 500?
La situazione non cambia.
L'indice Russell 2000 è un benchmark comune per i fondi che investono in azioni small-cap (a bassa capitalizzazione). Nel lungo periodo, i fondi attivi che cercano di battere l'indice Russell 2000 hanno mostrato una performance simile a quella degli azionari large-cap, con una sottoperformance prevalente. Secondo la SPIVA Scorecard, circa il 70-80% dei fondi attivi small-cap non hanno battuto l'indice Russell 2000 nel corso di un periodo di dieci anni.
Per i fondi che investono in mercati sviluppati al di fuori degli Stati Uniti e del Canada, l'indice MSCI EAFE è un benchmark comune. I dati mostrano che anche in questo caso, una gran parte dei fondi attivi non riesce a battere l'indice MSCI EAFE. Per il periodo di dieci anni fino al 2022, circa il 70-80% dei fondi azionari internazionali attivi non hanno superato l'indice MSCI EAFE.
Informati su Internet, ma ti accorgerai che sarà difficile trovare un solo indice rilevante dove si trovino fondi attivi in grado di performare meglio del benchmark anche solo metà delle volte.
Ricorda: se investi in un fondo comune a gestione attiva, la maggior parte delle volte otterrai performance peggiori della media di mercato.
Quindi, se per caso ti venisse voglia di comprare azioni e obbligazioni di testa tua con le app di trading online; ricorda che il gestore con il suo team di analisti finanziari, raggiunge risultati discutibili... tu che pensi di fare?
2- Costi elevati: Le commissioni dei fondi attivi sono un fattore cruciale che contribuisce alla loro difficoltà di superare i benchmark. I fondi attivi tendono ad avere un rapporto di spesa annuale medio più alto rispetto ai fondi indicizzati.
Secondo una ricerca di Morningstar, il rapporto medio di spesa per i fondi azionari attivi è stato storicamente superiore al 1%, mentre per gli ETF passivi è inferiore allo 0,2%.
Quando il tuo consulente bancario di fiducia ti mostra il KIID (Key Investment Information Document), ovvero il prospetto informativo del fondo, che per legge ti deve consegnare quando vuole vendere un prodotto, ti mostrerà dei grafici con le performance degli ultimi anni.
Se la performance, prevista nei prossimi anni, sarà pari al 9% all’anno, da questo rendimento si sottrarrà il 2% di commissioni sul fondo, oltre un po' di fee di gestione (diciamo pari all’1%) e quindi avremo il 6%.
Già solo il fatto che il private banker si mangi un terzo del tuo rendimento, e tu ti prenda il 100% del rischio mettendo i tuoi soldi, fa abbastanza discutere; se poi aggiungiamo che per il problema numero 1 queste commissioni non verranno tolte dal 9%, ma da un rendimento reale molto più basso; hai capito perché non devi nemmeno prendere in considerazione l’idea di investire in questi fondi attivi.
In più tieni conto che queste commissioni le paghi anche negli anni in cui le performance del fondo sono negative.
Ricorda: I fondi comuni di investimento equivalgono a performance inferiori alla media di mercato; costi folli; costi occulti legati all’inefficienza fiscale dei fondi attivi (su questi non mi dilungherò).
Penso sia abbastanza chiaro il perché investire in Btp e Immobili può avere senso in determinate situazioni, mentre investire in fondi comuni di investimento non ha alcun senso.
Nel prossimo post parleremo di ETF e vedremo come questi siano diventati uno degli strumenti finanziari più adottati al mondo, per il loro mix di performance superiori e costi inferiori.
A presto,
Andrea